Il paese muore. I giovani fuggono, i negozi
chiudono, le aziende falliscono. Si legge solo tristezza e rassegnazione negli
occhi dei genitori, che si chiedono dove abbiamo sbagliato? Che strada abbiamo
intrapreso per essere oggi a questo punto? Chi ci ha ingannati? Ci siamo illusi
da soli?
Il paese muore. Le coppie non si sposano e non
pensano di avere bambini, perché costano. Viviamo seguendo ciecamente i dettami
dell'economia, dello spread, della finanza. E cominciamo a credere in
quest'unico Dio. Lo stesso Dio denaro che ci ha portato alla rovina, oggi è
osannato più che mai. Studiamo per avere un lavoro che ci farà fare soldi,
andiamo alla ricerca della fortuna che ci renderà ricchi, leghiamo i nostri
sentimenti più belli al possesso e alla conquista, poniamo come fondamento
dello sviluppo la supremazia nei confronti degli altri e lavoriamo cercando di
avere sempre di più, di più, di più. Poco importa delle regole, poco importa
della morale, della buona educazione o della nostra comunità. Non ci interessa
cosa fanno gli altri, come vivono gli altri, se stanno bene gli altri. In fondo
questi “altri”, voi li avete mai conosciuti di persona? Ci freghiamo, ci
inganniamo, tessiamo trappole degne di un conflitto militare. Sviluppiamo reti
di spionaggio, armi di precisione e collegamenti ben camuffati che si
sviluppano in un intricato sistema di tunnel e gallerie, che portano pochi,
pochissimi, ad un’unica conclusione: "mi sono sistemato".
Il paese muore e nessuno intende fare un passo
indietro. Nessuno vuole perdere anche solo un granello dei suoi privilegi. Non
si cerca il contatto con la gente. Anzi se ne predilige l’allontanamento. Nessuno
tende l'orecchio per cercare di sentire o di capire. Quei pochi che lo fanno
non odono nulla se non echi e rimbombi in lontananza. Sentono voci ovattate e
deboli lamenti. Stanchi di non riuscire a decifrarli li ignorano,
etichettandoli come “roba di poco conto”. Questo perché hanno le orecchie colme
di denaro e ricchezze.
Il paese muore e noi giovani stiamo a guardare.
Continuiamo a sognare un futuro migliore, ma senza la minima intenzione di
sporcarci le mani. Siamo imbambolati di fronte ai programmi Tv, a internet e ai
nostri gadget elettronici. Tifiamo per il nuovo, per il cambiamento e per una
rivoluzione che scuota la terra dalle sue fondamenta, ma solo se sono gli altri
a portarla avanti. Perché tutto sommato bisogna ringraziare, quest'anno ci
hanno solo tagliato il rimborso regionale.
Il paese muore. Soffocato dall'ipocrisia. Muore
sotto i colpi di chi parla di luce in fondo al tunnel, di chi dice “andatevene
che qua non c’è speranza”. Si strugge a causa dei colpi inflitti da chi vuole
sfruttare solo la pancia della gente e poco la testa. Muore ogni volta che il
pazzo di turno urla “stato ladro” solleticando idee che appartengono ad un
mondo finito e condannato per le sue brutalità. Il paese muore ogni volta che
si parla di Berlusconi e non della ricerca d’eccellenza italiana, muore ogni
volta che un muro di Pompei crolla mentre in aula ci si insulta sulla diaria,
muore ogni volta che si parla di calcio al posto che di cultura, ogni volta che
un giovane, innamorato di questo paese, decide di mollare tutto perché accendendo
la tv non vede altro se non un paese vecchio, immobile e restio al cambiamento.
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