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martedì 12 novembre 2013

Come finirà a Varsavia?


"Come finirà questa volta?" E' la domanda più legittima che ci si possa porre di fronte a quello che si prospetta essere un ennesimo fallimento. Se questo dubbio venisse espresso da una persona qualunque, non ci sarebbe molto di cui preoccuparsi. Ma se lo stesso dubbio si insinua nelle menti dei commissari riunitisi ieri in Polonia, in occasione della diciannovesima conferenza delle parti dell'Unfcc, allora c'è molto di cui essere preoccupati (link meting). Specialmente se i commissari sono immersi in un incontro che deciderà sul futuro del mondo.
Si, perché anche se fino ad ora si è fatto di tutto pur di nasconderne gli effetti, lo spettro del Global Warming è più che mai reale, ed uccide, tanto. 
Un esempio? Non è certo il caso ad aver concentrato, nel lasso di poco meno di dieci anni, alcuni tra gli uragani più potenti mai registrati, e non sono i soliti animalisti a ricordarlo. Infatti il meeting di Varsavia acquista un'enorme importanza soprattutto se si tiene conto di due fattori. Il primo è l'innalzamento della temperatura media del pianeta di almeno 3,6 °C entro il 2035 come specifica l'Agenzia Internazionale dell'Energia (fonte). Il secondo riguarda invece la “colpevolezza” di tale traguardo. Se fino ad ora molti governi (uno su tutti quello americano sotto la presidenza Bush) avevano cercato di sottacere gli effetti dello sfruttamento di fonti fossili, utilizzando scuse poco sensate come "è naturale" oppure "è già capitato in passato", ora tutto ciò non è più possibile, nascondere la realtà è inutile. Come ben dimostrato dallo studio della Ipcc sui cambiamenti climatici la verità è un'altra. Il rapporto mostra chiaramente che le probabilità che gli esseri umani stiano logorando l'equilibrio climatico, su cui si è basata l'evoluzione della nostra specie, sono comprese tra il 95 e  il 100%. In altre parole se i tifoni sono così potenti da sradicare case, alberi e città intere, causando 10.000 morti e più, non è colpa del vento troppo forte o delle onde anomale, è colpa nostra.
Eppure nonostante i dati, le previsioni e gli allarmi lanciati periodicamente da tutte le organizzazioni ambientali, sullo sfondo continuano comunque ad imporsi la crisi economica e gli interessi politici. La prima ha messo in ginocchio quei pochi paesi che cominciavano a sviluppare un’identità un po’ più ecologica, mentre ha permesso l’esaltazione di modelli economici che hanno poco o nulla di sostenibile. A causa in particolare dell'immediatezza e della velocità che il mondo ha acquistato, da quando si andato imponendosi un modello economico-capitalistocentrico. Si è cominciato a prediligere soluzioni immediate, eccessivamente semplici e che in definitiva rimandano ad un futuro sfuocato la soluzione dei vari problemi. E’ il caso della Cina, paese con l’economia più trainante e forte del momento, ma con tassi di sostenibilità incredibilmente bassi. Il paese del sol levante non si accontenta delle già poche restrizioni ad esso imposte dopo il meeting di Copenaghen, bensì sfrutta la sua posizione ufficiale di paese in via di sviluppo, la quale permette ad esso di proseguire il suo percorso in assenza di una regolamentazione ambientale rigida.
Il secondo elemento di questo sfondo opaco e grigio è la politica schiava delle multinazionali e delle lobby, che così facendo permette il trionfo dei particolarismi. A tale proposito va sottolineata la curiosa scelta della Polonia come paese ospitante del meeting. Quest'ultimo continua ad essere uno dei membri dell'UE meno attenti circa la compatibilità eco-ambientale delle sue politiche energetiche, forte dell’utilizzo (per il 95% sul totale) di carbone per la produzione di energia elettrica a basso prezzo.
Insomma la predominanza della politica e dell'economia sui reali problemi ambientali rischia di trasformare la 
diciannovesima conferenza delle parti dell'Unfcc in un braccio di ferro tra magnati e protettori di interessi.
In tutto ciò sembra essere sparito il motivo principale del meeting. Non è tanto smettere di utilizzare combustibili fossili o ridurre l'inquinamento che salverà il pianeta. Non sono una soluzione nemmeno le rinnovabili, le quali non fanno altro se non etichettare con un bollino verde lo stesso concetto di sviluppo infinito che permea le nostre esistenze fin dalla nascita. E' tutto il sistema nel quale siamo immersi ad essere insostenibile.
Quindi, 
"Come finirà questa volta?". Non è facile poter dare una risposta certa, ma è proprio questo che, in un certo senso, fa ben sperare. 

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