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venerdì 22 novembre 2013

La precarietà delle scelte

Sono in un momento della mia vita nel quale sono obbligato a scegliere. Sono davanti ad un percorso che si spacca in due. Non ci sono indicazioni di alcun tipo e non so cosa c'è ad aspettarmi alla fine della strada. Questo è uno di quei momenti in cui non si sa cosa è il bene o il male. Anzi, in realtà non si pensa proprio a niente. Si è solo in grado di essere indecisi, ed in parte se ne ha tutto il diritto.
Dopo tutto, cos'è una scelta? E' una rinuncia dolorosa, ma ben addobbata. E' una precaria situazione di equilibrio, dove c'è sempre qualcuno pronto a spingerti da una parte o dall'altra. La possibilità di scegliere non è altro se non una truffa, una menzogna ben orchestrata. E allora data la sua forte fragilità, perché continuare ad affidarsi ad essa? E' davvero così necessario? Perché dobbiamo sempre percorrere strade con due o più uscite? Perché devo sempre selezionare uno dei miei possibili futuri e ancora, perché non posso averli tutti, magari non tutti insieme, uno al mese diciamo, ma comunque tutti? Ed infine perché devo metterli nelle deboli mani della scelta, rendendomi così suscettibile ad ogni movimento, anche quello più impercettibile? Eppure a pensarci bene, le stesse scelte potrebbero essere proprio ciò che spezza la logica del "è tutto già scritto". In fondo di fronte ad un bivio, sono libero di girare sia a sinistra che a destra. I più fantasiosi mi farebbero pure notare che si può anche tornare indietro, percorrendo la strada a piccoli saltelli. E' tutto vero, muoversi in lungo e in largo, vicino a quella strada che si divide, mi fa sentire forte. Così tanto da poter seriamente pensare di avere il destino nelle mie mani. Nonostante ciò, dopo poco mi risento debole, incapace ed indeciso. E' inutile, non la si può battere. La precarietà delle scelte ci porta sempre verso quella più comoda. Salvo poi non ammettere la nostra incapacità e la nostra paura. Così ci nascondiamo dietro spesse coltri di bugie e menzogne. Ci prendiamo in giro e innestiamo nei nostri cervelli falsi ricordi, inventiamo inutili motivi che ci convinceranno che quella che abbiamo selezionato, tra tante, era l'unica alternativa fatta apposta per noi.
Perché in fondo Hemingway lo aveva già capito: "Ai bivi più importanti della vita non c'è la segnalitica". E così ci imponiamo una specie di destino manifesto, accettiamo solo in parte la nostre debolezze, ed in preda alla confusione ci abbandoniamo alla nostra incapacità di decidere. Stiamo piegati come alberi in mezzo ad una bufera.

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